Oppure di fronte al Re Senza Nome di Dark Souls III con la vostra amata e debolissima spada? Potreste dire di aver già avuto queste esperienze, avete giocato questi titoli e quindi sapete cosa si prova ad affrontare avventure di questo tipo. Peccato che però voi siete solo una sorta di deus ex machina, muovete il personaggio per fargli fare quello che volete, ma non siete lui. State vivendo la “sua” avventura, senza di voi il personaggio è immobile, un contenitore vuoto, ma non siamo veramente lui. Eppure già in molti hanno usato espedienti per farci immergere completamente nel gioco, facendoci sentire parte di esso e non solo uno spettatore attivo. Non sto parlando del VR, tutto questo è possibile grazie alla semplice rottura della quarta parete.
Cos’è la quarta parete? Il termine nasce dal teatro (parliamo del III secolo a. C.) e veniva usato per indicare il coinvolgimento del pubblico nelle rappresentazioni teatrali, non più spettatori ma partecipanti. Il termine “quarta parete” indica quella superficie immaginaria che si staglia tra il palco e la platea, le prime tre invece sono i lati del palco e il fondo.
Un esempio più vicino a noi è nel cinema, dove Oliver Hardy (Ollio) guarda in camera sconsolato dopo che Stanlio ne ha combinata una delle sue, oppure Deadpool che è consapevole di essere un fumetto.
Questa tecnica è stata ampiamente usata anche nei videogiochi, spiazzando spesso il giocatore. Impossibile dimenticare la grande dimostrazione dei poteri di Psycho Mantis in Metal Gear Solid. Invitava direttamente il giocatore a posare il controller a terra per mostrarci come poteva muoverlo tramite i suoi poteri telecinetici (si, solamente attivando la vibrazione del controller) oppure ci elencava i salvataggi dei giochi presenti nella memory card della Playstation, minacciandoci di cancellare tutto. In più, durante la boss fight oscurava totalmente lo schermo, come se avesse interrotto il segnale del televisore. Eravamo noi contro di lui, non Snake. Evitava anche ogni colpo, dato che ci leggeva nella mente. Uno dei modi per sconfiggerlo era staccare il controller e inserirlo nel secondo ingresso della Playstation, così da renderlo vulnerabile ai nostri colpi, non potendo più leggere la nostra “mente”.
Altri esempi sono presenti in Undertale, dove in alcuni scontri i personaggi ci danno dei consigli su come agire, parlando direttamente al giocatore. in Metal Gear Solid 2, dove il protagonista si distacca dal controllo del giocatore per avere una sua identità e vivere la sua vita, ormai non più sotto il nostro controllo. In Monkey Island i personaggi sono al corrente di far parte di un videogioco, oppure in modo ancora più inquietante in Doki Doki Literature Club! In questo titolo una delle protagoniste riesce addirittura a glitchare il gioco e cancellare gli altri personaggi pur di stare insieme a noi.
Fortunatamente questa tecnica è facilmente attuabile nel videogioco, proprio perché il giocatore effettua delle azioni che hanno una conseguenza nella partita. Come nel teatro più di 2000 anni fa, la rottura della quarta parete ci priva della sicurezza di essere osservatori e ci catapulta negli avvenimenti che accadono. Non giochiamo ad un gioco ma ne facciamo parte come fosse la nostra vita, e se sei arrivato a leggere fino a qui magari ti sarai chiesto: “E se anche la mia vita fosse un videogioco e ho rotto la quarta parete del mio giocatore in questo momento?”. Esatto, questo era solo il prologo, premi un tasto qualsiasi per continuare.
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